Per affrontare la questione del gender gap la prossima settimana al Ministero del Lavoro inizierà a lavorare un gruppo di esperti, riporta il Corriere della Sera, volto a ridurre la penalizzazione nella carriera lavorativa delle donne. Una prima idea riguarda una modifica del congedo in caso di nascita di un figlio.
Ad oggi sono previsti cinque mesi obbligatori per la madre mentre da qualche anno è stato introdotto anche il congedo obbligatorio per il padre che, proprio nel 2020, sale da cinque a sette giorni, più un giorno facoltativo da prendere solo in sostituzione della madre.
L’idea del governo è di introdurre un unico congedo familiare della durata di sei mesi, quindi un po’ più lungo rispetto ad oggi. Con l’80% del tempo, poco meno dei cinque mesi di oggi, riservato alla madre. E il restante 20%, poco più di un mese, riservato al padre.
Il gender gap in Italia ha molte facce: retribuzioni più basse, limitate possibilità di carriera, part-time involontario, interruzioni di lavoro retribuito per la maternità e la cura familiare, lavori atipici e irregolari, che peggiorano i tassi occupazionali, per il più elevato carico di lavoro familiare che tuttora grava sulle spalle delle donne. Gli interventi volti ad agevolare la conciliazione tra tempi di vita familiare e lavorativa in Italia restano ancora carenti e influenzati da retaggi culturali.
Oggi la carriera delle donne, e quindi i loro stipendi, è spesso penalizzata proprio dal fatto che sulle loro spalle ricade gran parte del cosiddetto lavoro di cura, cioè farsi carico dei figli. Gli incentivi alla conciliazione tra lavoro e famiglia, introdotti negli ultimi anni, non bastano.
Da qui l’idea di un meccanismo che in qualche modo obblighi i padri a farsi carico di una parte del lavoro di cura, con l’idea che questo possa avere un effetto di riequilibrio sulle future carriere, e sui futuri stipendi, di uomini e donne.
Il lavoro è solo agli inizi e quindi manca ancora una stima del costo per le casse pubbliche di una misura del genere.