Otto ministri donna su 23. Ancora pochi. Ed è vero che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato: «Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi». Però dal suo “governo del Paese” ci si aspettava di più sulla parità di genere. Le donne sono più della metà del Paese e il loro impegno in prima linea, anche nella pandemia, è determinante: nella sanità, a scuola, nelle professioni. Perché gli uomini non cedono spazi ai vertici della politica, dove su 20 regioni solo lUmbria è a guida rosa, con Donatella Tesei, o nell’impresa, con appena 14 amministratrici delegate e 49 presidenti, oppure nell’università, con sei rettrici? Nel Partito democratico, con tre ministri, tutti uomini, la questione è rovente.
«Il cambiamento c’è, ma lento. Vanno trovate politiche per accelerarlo», dice Paola Mascaro, che nel 2021 presiederà il G20 EMPOWER, un summit delle Pari opportunità per i Paesi del G20, ed è presidente di Valore D, associazione d’imprese per l’equilibrio di genere. «Molte aziende si stanno muovendo: dalle policy di inclusione, ai meccanismi per l’equilibrio di genere nelle assunzioni e promozioni, fino all’adozione di strumenti di misurazione. In politica? Forse ci vorrebbe una commissione parlamentare che elabori strumenti per agevolare l’accesso femminile nelle posizioni di governo. Lavorare sulle nuove generazioni. E stringere più alleanze con gli uomini che hanno capito che avere più donne al comando serve a tutta la società». E con più capi femmina s’innesca un circolo virtuoso. «Una donna ai vertici aziendali consente ad altre di rompere il “soffitto di cristallo”.