Articolo di Maria Lombardi
Cosa ci sta insegnando questa crisi?, si chiede Paola Mascaro, presidente di “Valore D“, l’associazione di imprese impegnata per l’equilibrio di genere. «Se è vero che lo smart working, in questa emergenza, si è trasformato in estreme working per le donne, con i carichi di cura sulle loro spalle, a lungo andare potrà rappresentare un’innovazione sociale e culturale. E soprattutto contribuire al passaggio da uno stile di comando e controllo, in cui la presenza fisica contribuisce a determinare la valutazione delle performance, ad uno stile di delega e fiducia, che è tipico del lavoro a distanza».
Le mamme lavoratrici, tante volte, sono state “punite” da un modello che premia le ore passate alla scrivania, non potendo sostenere quei ritmi. «Un modello diverso che valorizza i risultati rispetto alla presenza fisica può aiutare le donne a conciliare meglio la vita lavorativa e quella familiare. Ma non solo loro. Può consentire anche agli uomini di trovare altri equilibri ed essere più presenti e collaborativi in famiglia».
E se le donne rientrassero prima? «Sarebbe di certo un’opportunità di dare evidenza al proprio lavoro e di trovare spazi per esprimersi anche a livelli più alti. Sperando che non accada, come nel dopoguerra: allora i ruoli conquistati dalle donne furono poi perduti. Senza dubbio adesso sarà necessario pensare a forme di incentivazione che sostengano e favoriscano il rientro delle donne al lavoro. Una cosa è certa: da questa crisi se ne esce insieme, non è pensabile che una metà sia tagliata fuori. Sarebbe un danno per le donne e per il paese».